mercoledì 1 agosto 2007

Monteprena e Brancadoro

Venerdì era ora di pranzo quando chiamai Marco e gli proposi a bruciapelo l'idea che mi frullava da qualche settimana, andare a fare la via dei Laghetti sul monte Prena.
Marco ebbe una leggera esitazione dovuta al fatto che non aveva ancora riconosciuto la mia voce ma poi fu entusiasta.
Appuntamento alle 5:45, saluti addormentati di rito e poi in macchina.
Alle otto eravamo sull'altopiano di Campo Imperatore.
L'altopiano di Campo Imperatore è un magnifico ed affascinante luogo caratterizzato da morbide colline e praterie a saliscendi infinite e contornato dalle montagne del gruppo del Gransasso.
C'è chi lo chiama “piccolo Tibet” per le sue affinità con gli altopiani tibetani, molti registi hanno sfruttato questa particolarità per le loro location.
Alle otto e mezza la macchina era parcheggiata a fianco ad un fontanile, letteralmente nel nulla.
Un veloce sguardo alla mappa per individuare la “cava di bitume naturale” e via.
Un attimo di distrazione e la male interpretazione della descrizione ci hanno fatto sbagliare strada, quando che ne siamo accorti, la via dei Laghetti era fuori discussione, eravamo di fronte all'attacco della via Brancadoro, classificata F con passi di III.
L'escursione inizia ad entrare nel vivo con i maestosi paesaggi dell'altopiano contrapposti alle guglie di roccia della parete del monte Prena.
Il tempo, per quanto mostrò clemenza per due piccoli umani, non era dei migliori, una enorme coperta di nubi, che veniva dal versante teramano, avvolgeva tutta la catena montuosa come un grande e morbido plaid.
La via, per quanto tecnicamente facile è emozionante e di ambiente, questo deve sempre rimanere impresso all'avventore, mai dimenticarsi di essere su una via alpinistica e in montagna.
Dimenticanza che puntualmente si è avverata, causandoci la perdita per distrazione della cartina e della descrizione della discesa. Non che fosse un errore madornale, ma visto il peggiorare del tempo, l'appoggio psicologico di un pezzo di carta (anche se poco dettagliato) non è da sottovalutare.
Seguendo fedelmente i segnavia, che a volte sparivano per poi ricomparire per magia, ci siamo trovati davanti al gendarme che resta di guardia all'uscita delle difficoltà, l'arrampicata che fino ad adesso si era limitata a semplici saltini e ad un divertente quanto facile canaletto/camino ora risulta più impegnativa, soprattutto sull'ultimo muretto.
Un cordone di sosta mi invoglia a passare direttamente, ma appena salito noto che può essere più sicuro aggirare l'ostacolo verso destra; data la facilità della via eravamo senza corda, non che servisse ma se fosse presente qualche principiante o qualcuno non proprio sicuro nella cordata sarebbe bene, in quel punto, assicurarlo.
Vietato cadere!
Il tempo peggiora e comincia a scendere una leggera pioggerella, raggiungere la vetta in quelle condizione non sarebbe la scelta migliore se non fosse che da lì parte il sentiero più sicuro per tornare a valle, attraverso il Vado di Ferruccio.
L'arrivo in vetta è caratterizzato da una “leggera” fretta, anche perché trovare la via del ritorno non è banale.
Spalle alla croce di vetta e naso in direzione della via percorsa, torniamo indietro di qualche decina di metri, fino a quando scorgiamo un bollo a sinistra che ci indica la strada per il Vado di Ferruccio, la tensione è più alta e i piedi si muovono veloci.
superata la prima spalla, il sentiero che digrada non deve essere perso di vista, pena una scarpinata. Il vado di Ferruccio è caratterizzato dal superamento di una doppia spalla tramite un sentiero che tende verso destra, sfasciumi come è capitato a noi, a questo punto la seconda ed ultima spalla si troverà alla nostra destra.
Si esce nella morbida cresta che unisce il monte Prena con il monte Camicia tramite il sentiero del centenario.
A causa delle nuvole la visibilità era ridotta a poche decine di metri, l'unico punto fermo che ci ha suggerito dove iniziare la discesa per lo “sgarrupato” canalone era un grosso sassone a destra con un bel bollo bianco e rosso.
Appena venti metri di discesa al “buio” e una serie di ometti di pietra ci ha guidato amorevolmente verso l'uscita del canalone.
Alle tre eravamo alla macchina, felici e stanchi e con un esperienza magnifica di alpinismo escursionistico nel cuore.
Quello che ora ci premeva era concludere degnamente la giornata all'abruzzese.... e grazie a Marco il tentatore, fare il Bis!
[Arrosticini: per saperne di più]

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2 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Bravissimi, molto bene, una grande classica conclusa in modo assolutamente degno ;-) . Un altro bel modo di salire sul Prena da Sud è fare la Via dei Laghetti in salita e la Brancadoro in discesa, molto divertenti entrambe.
Ciao
bummi

7 agosto 2007 alle ore 10:33  
Blogger Manuel ha detto...

L'idea iniziale era quella, però sia lo sbaglio di strada prima che e le condizioni atmosferiche non ideali (!) poi, ci hanno fatto desistere.

7 agosto 2007 alle ore 11:30  

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